Ci sono persone che non riescono a smettere di lavorare mai, sono dipendenti dalla loro vita lavorativa.

Nella vita ci sono infinite cose che ci danno piacere, la compagnia di qualcuno, mangiare, ammirare un paesaggio, vincere una sfida e tante altre. Ma tutte, perdono valore se ne abusiamo. Se mangiassimo tutti i giorni il nostro piatto preferito, dopo un mese avrebbe un sapore noioso, non più quel gusto che prima ci entusiasmava. Questo principio si chiama abituazione, e nelle dipendenze spinge la persone ad aumentare l’esposizione all’elemento che dona piacere con il fine di ottenere la stesse gratificazione che riceveva prima.

Ora immaginiamo una persona che la vita costringe a passare molte ore al lavoro. In quel contesto vivrà una serie infinita di saliscendi emotivi. Prima un suo lavoro ha successo, poi viene criticato per un altro. Un gesto cordiale di un collega e dall’altra parte una discussione accorata. Anche se non tutto ciò che gli accade al lavoro ha una direzione positiva, tutto è intenso.

L’intensità di quelle emozioni produce la percezione che l’ufficio sia il dettaglio della sua vita più vero. Allora diventa normale cercare di allargare quella porzione di tempo il più possibile.

Il tempo dedicato al lavoro sottrae tempo alla ricerca di emozioni esterne. Per esempio con la famiglia, con le vacanze, con gli amici. Si può arrivare a lavorare talmente tanto da ingannarsi che non ci sia nient’altro fuori dalle quattro mura dell’ufficio.

La ricompensa più forte di tutte è quella economica. Soprattutto se le ricompense biologiche sono un po’ affievolite. Immaginate un uomo o una donna sposati da molti anni, a causa dell’abituazione avranno perso parte dell’attrazione fisica che caratterizza l’inizio di una nuova relazione e vivranno il sesso coniugale come qualcosa di emotivamente fantastico ma di scarso impatto adrenalinico. Al lavoro invece la possibilità di guadagnare di più è una ricompensa sempre molto forte che si mantiene viva grazie al potere allegorico del denaro. I soldi possono diventare tutto nell’immaginario magico fenomenico degli uomini, guadagnare tanto significa aumentare le proprie opzioni.

Allora l’investimento sul lavoro aumenta ulteriormente, e di conseguenza porta via altro tempo libero e annebbia le possibilità di gratificazione extralavorative. In pratica si crea un circolo vizioso che progressivamente esclude la possibilità di provare emozioni fuori dall’ambiente lavorativo.

Ma non solo, proprio come avviene con le droghe, l’assenza del lavoro genera astinenza. Per esempio durante le vacanze, le persone dipendenti dal lavoro sono incapaci di rilassarsi perché pensano ossessivamente a quello che non stanno facendo ma che dovrebbero fare per ricevere gratificazione economico lavorativa.

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